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venerdì 18 maggio 2018

[RACCONTO] He Died with His Boots On



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Il deserto, il cielo, il sole, un cavallo, un uomo, la sua pistola e una scelta.

«Allora, ti sei deciso?»
«Chiudi quel brutto muso che ti ritrovi» disse l’uomo al cavallo disteso alle sue spalle. L’uomo se ne stava seduto su una gobba di sabbia, il cappello tra le mani e lo sguardo al vasto orizzonte. Pigre perline di sudore giù dalla sua testa calva, lungo le tempie. La sua mano si strinse intorno alla bocca storta in un ghigno.

«Ti fa ancora male?» chiese il cavallo.
«Mh mh.»
«Che aspetti a tirarlo via?»
«Finirebbe per farmi più male, aspetto che si decida a cadere.»
«Ma soffri più a lungo. È solo un dente, tiralo via.»
«È l’ultimo che mi rimane.»
«Prima o poi finiscono, man.»
«Dici che mi conviene tirarlo via, allora?»
«Già.»
«Non me la sento.»
«Sei un cowboy, man. Su quelli come te ci canteranno canzoni, scriveranno libri e gireranno film. Non fare la femminuccia. Guarda che ti ho sentito stanotte, mentre dormivi.»
«Cosa dicevo?»
«Non parlavi: frignavi. Un uomo grande e grosso come te che si lamenta come un bambino del dentino.»
«Non è solo il dente.»
«E che altro?»
«Sei un cavallo, cosa ne vuoi sapere.»
«Hai tenuto il tuo culo flaccido sulla mia schiena per anni, ti conosco.»
«È che ho paura che se mi decido a farlo, poi sotto il cuscino non ci trovo nulla.»
«Man, parli della fatina dei dentini?»
«Chiamala così se vuoi, horse.»
«Siamo arrivati fin qui, qualcosa devi farlo.»
«Non posso tornare indietro.»
«Vuoi andare avanti? Monta su e andiamo.»
«Non posso nemmeno andare avanti.»
«Vuoi restare qui a crepare di sete?»
«E di mal di denti.»
«Ascolta, giù al saloon sei una leggenda. Hai ragione: non puoi tornare indietro e farti vedere in questo stato da loro. Cosa diranno?»
«Quello che diranno anche al prossimo villaggio.»
«Tu sei l’uomo, il grande uomo. Vivi della tua leggenda, vivi nella tua leggenda. Non devi far altro che buttarci qualche altro ramoscello in quel fuoco.»

L’uomo seduto nel deserto si tolse gli stivali e li capovolse. Il vento si prese la sabbia che ne uscì. Poi ne prese a schiaffi le piante, per farne uscire gli ultimi granelli.

«Guarda che buchi che hai in quegli stivali, man. Che aspetti a buttarli?»
«Ne ho passate tante con loro.»
«E anche con me.»
«Ti ricordi di quella volta che inseguivamo i Dalton e...»
«Smettila, man. Ti fai del male. Guardati: stamattina hai anche dimenticato di metterti i chaps. Un tempo era la prima cosa che facevi al mattino. Sei diventato vecchio, man. Le tue camicie una volta erano gonfie dei tuoi muscoli e ora sei... sei la metà di quello che eri. Che fine ha fatto la leggenda?»
«Forse non c’è mai stata.»
«Ma gli altri ci hanno creduto. Lascia che almeno quella continui a vivere.»
«Diranno semplicemente che mi sono perso nel deserto e ci sono morto.»
«Noooo, la gente ha bisogno delle leggende, non si accontenteranno di una stupida verità. Inventeranno un mucchio di storie e con loro continuerai a stare in sella, a inseguire i Dalton o chi caspita ti pare. Fallo, man. Deciditi.»

L’uomo guardò la sua Colt. L’unica cosa rimasta uguale nel tempo, sempre tirata a lucido.

«Coraggio, man.»

Era l’ora di tirare via quel dente. Le ombre degli avvoltoi giravano in tondo sulla sabbia.

«Aspetta, man. Gli stivali. Non dimenticare gli stivali. Un vero uomo muore sempre con gli stivali ai piedi.»

Il cavallo aveva ragione. L’uomo li infilò. Ora era pronto. La bocca della pistola contro quel dente emaciato e ballerino. L’uomo scelse la leggenda.

Il cavallo si tirò su. I suoi occhi neri puntarono l’orizzonte e ci camminò contro, dondolando. Intinse i suoi zoccoli nel sangue. Orme rosse sulla sabbia calda.


Racconto finalista al concorso La venticinquesima ora edizione 2016, organizzato dalla scuola di scrittura Belleville.




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